Il Natale è sempre stata una festa molto sentita dai
foriani. Negli anni precedenti al secondo conflitto mondiale e in
quelli successivi, fino all’affermazione del turismo e al
dilagante benessere, il Natale rappresenta per Forio un momento di
unione, di comunione, con la famiglia e gli amici più
stretti.
L’attesa del lieto evento, con la nascita di Gesù,
ruotava intorno alla costruzione del presepe. Alla sua realizzazione
partecipavano tutti i membri della famiglia dai più grandi
ai più piccoli. Un lavoro meticoloso, che necessitava di
impegno e dedizione. I preparativi iniziavano il giorno
dell’Immacolata, con la ricerca nel bosco del muschio e delle
radici di canne, che servivano a creare la struttura dellemontagne,
delle colline e dell’arco per la caverna dove sarebbe nato
Gesù. Dopo l’escursione nei boschi foriani
iniziava il lavoro in casa, con la scelta del tavolo, o del supporto,
su cui collocare il presepe. Montata la struttura, si cercavano fogli
di giornali, mentre qualcun altro preparava la colla di farina, con la
quale incollavano la carta. Pezzo dopo pezzo ecco prendere forma il
paese, che tra grotte, casette di cartone e fiumiciattoli, si
arricchiva di colore locale. Di solito, infatti,c’era sempre
un elemento foriano, come il Soccorso,
la chiesa di S.
Gaetano o la collina di Punta Imperatore. Terminato il
lavoro di incollaggio, si passava a colorarla di bianco con polvere di
gesso. Il verde dei prati era reso dal muschio raccolto nei boschi e
per gli alberi, con un pizzico di fantasia, si usavano rametti o foglie
di alberi presi dalla selva. Ad illuminare il presepe, prima della
guerra, ci pensavano le candele, poste a distanza dalla carta, con la
base coperta dalla sabbia.
Alla vigilia di Natale il presepe era pronto. Il bambino era coperto
con un telo o con un pezzetto di stoffa, mentre i re Magi restavano
dietro le montagne in attesa della nascita del Redentore.
La mattina del 24, alle cinque, l’appuntamento era in P.zza
S. Gaetano, per il mercatino del pesce e la messa. Tra giochi di
tombola e di carte, si consumavano castagne, fave e ceci arrostiti, in
attesa della sera, quando verso le sei, la famiglia sedeva intorno alla
tavola per consumare la cena: pesce per chi poteva permetterselo,
baccalà salato e anche stocca fisso. Non mancava sulle
tavole foriane la pizza con le scarole. Una ghiottoneria erano le
chioppelle, fichi imbottiti con bucce di mandarino, arance, noci, vino
cotto, cucinate in forno.
Dopo cena, con l’avvicinarsi della Mezzanotte, la famiglia si
preparava a festeggiare il lieto evento con un piccolo corteo di
familiari e vicini di casa, che si univano, per annunciare
l’arrivo del Salvatore. Di solito a capo del corteo
c’era un bambino, che portava una cesta, in cui era posto il
bambinello. Il drappello iniziava il giro della casa e del vicinato, al
canto di “Cristus natus est nobis” e finiva con il
deporre il Bambino nel presepe tra la Madonna e S. Giuseppe.
In tempo per assistere alla Messa di Mezzanotte.
Natale era festa per tutti e anche sulle tavole dei meno ambienti non
mancava la pasta e la carne, a volte, un coniglio o un pollo, cotto per
l’occasione. Ma in un evento così speciale in
tavola faceva capolino il vino, di solito sostituito dalla saccapanna,
un vinello fatto con la vinaccia.
Bibliografia:
Intervista a Vito Mattera realizzata a Forio, il 3 dicembre 2005 da
Felicia Lamonaca.
Ancora
oggi alla vigilia di Natale, i foriani si danno appuntamento in Piazza
Medaglia D’Oro, in attesa della paranza per acquistare il
pesce da cucinare per il cenone della sera.